giovedì 28 gennaio 2016

lunedì 25 gennaio 2016

Il Cucchiaio Non Esiste

 
                  
 "Il Cucchiaio non esiste !!!"....è il pensiero di Cartesio.

Secondo Cartesio l'uomo è in un sonno perenne indotto da un Genio maligno.

L'intera realtà esiste solo in quanto filtrata dalla nostra persona: se non ci fosse il soggetto pensante non ci sarebbe nemmeno l'oggetto pensato.

Per questo il bambino dice che è Neo a piegarsi, e non il cucchiaio.

Tutto il film "Matrix" (solo il primo della trilogia) è giocato su un confronto con Cartesio, noi l'abbiamo guardato alle superiori per filosofia.

Ora, riguardo alla frase che ha dato il titolo a quest’ articolo: il piccolo bambino-monaco illuminato, nella sala d’attesa dell’oracolo, dà una grande lezione all’Eletto, spingendolo definitivamente verso la consapevolezza del suo potere. Nel contesto della narrazione, è abbastanza evidente che il significato della frase sia: “Neo, svegliati, quella che tu credi la realtà non è che l’illusione-realtà virtuale che i computer ci hanno messo davanti, e con la tua forza mentale sei in grado di derogare alle leggi della fisica e della materia che fanno parte di questa realtà virtuale”. Le mie conoscenze e convinzioni spirituali, però, mi conducono ad approfondire l’interpretazione:

Innanzitutto, la posizione del ragazzo, il suo abbigliamento e la sua testa rasata sono un’inequivocabile riferimento al buddhismo ed alla meditazione.

Poi, il senso più profondo della frase è che non esiste separazione tra il cucchiaio (o qualunque cosa percepibile dai sensi) e la nostra mente. Il cucchiaio NON esiste (come corpo separato da noi), quindi noi stessi possiamo modificarne la percezione, ad esempio “piegandoci” e piegando, contemporaneamente e per effetto di ciò, il cucchiaio si piega.



La realtà è sotto i nostri occhi, eppure così sfuggente.

Dietro alla bella donna in rosso si nasconde solo una sequenza di codice di programmazione, così come dietro alle cose che vediamo, sentiamo e tocchiamo c’è un vasto ed insondabile mondo di eterna Energia e vibrazione, che se solo comprendessimo e sentissimo appieno darebbe alle nostre vite tanta più vitalità, gioia e soddisfacimento. Ma la grande ironia è che l’ovvio si nasconde spesso proprio sotto l’ovvietà… per questo diventando enormemente sfuggente.

Se solo ci svegliassimo, se solo ci rendessimo veramente conto che, per dirla come il piccolo monaco di cui sopra, “siamo noi ad esistere”, l’angustia si dissolverebbe molto presto. Poi, a sentire l’agente Smith nel dialogo finale, i computer ci avrebbero fatto il favore di provare a ripulire il tanfo e lo sfacelo che l’umanità sola è in grado di fare…

Nella realtà dei computer i virus saremmo noi ! Anzi siamo il cancro che sta distruggendo questa Terra !

 
Certo, se non stiamo attenti alla nostra dipendenza dei telefonini e social networks varii, saremo sicuramente dominati dai computer, ma, ancora… dipende solo da noi il farci dominare, od usarli come i potenti strumenti che sono, che, semmai, possono essere al servizio del bene e del miglioramento delle conoscenze.

E Tu ? Sei pronto a lasciare andare via tutto: dubbio, paura, incredulità…


martedì 19 gennaio 2016

Papa Francesco Samsung

 

Papa Francesco ha benedetto lo schermo di un telefono cellulare durante l'udienza in Sala Nervi al Movimento Cristiano Lavoratori. L’ha fatto imponendo la mano sull'immagine di un bambino che appariva sullo smartphone. La benedizione touch di Papa Francesco non dovrebbe sembrare un’eccentricità, ha molto più significato della curiosità che può suscitare una foto notizia. E’ la conferma più evidente dell’evoluzione velocissima che sta compiendo l’umanità, facendo tracimare nella concezione digitale ogni sua espressione. 

Il Papa non ha sicuramente trovato nulla da eccepire di fronte al gesto di devozione di chi gli chiedeva di benedire l’immagine di un bambino. E’ perfettamente metabolizzato che un volto composto da pixel sul display di uno smartphone ha lo stesso valore simbolico di una fotografia stampata su carta, ma procedendo a ritroso anche di un ritratto, di un’icona dipinta su lamina d’oro, di ogni effige rappresentante il sacro o il sacralizzabile attraverso una benedizione.  


Commenti dalla rete :

  • Papa Francesco benedice una foto su smartphone. Ma lagga da paura.
  • Papa Francesco benedice una foto su smartphone. Bravoh...
  • Papa Francesco benedice una foto su smartphone. «Primo!» (Primo come primo, ma anche come primo fruitore della depenalizzazione dell'abuso dell'imbecillità popolare.)
  • Papa Francesco benedice una foto su smartphone. Urbi et Orbi et Smart.
  • Papa Francesco benedice una foto su smartphone. Scienza e religione non sono mai state tanto vicine quanto inutili.
  • Papa Francesco benedice una foto su smartphone. Poi moltiplica i giga.
  • Papa Francesco benedice una foto su smartphone. Utilizzando il rito abbreviato.
  •  Papà Francesco benedice una foto su smartphone. Ora non ha più virus. 
  • Papa Francesco benedice una foto su smartphone. E Steve Jobs è guarito dal cancro. 
  • Papa Francesco benedice una foto su smartphone. Come una fattucchiera qualsiasi.
  • Crhistagram Il Papa benedice una foto su smartphone. È il like di Dio.
  • Papa Francesco benedice una foto su smartphone: il signore sia con tech.

La teoria storica di Zecharia Sitchin


La teoria storica di Zecharia Sitchin sull' origine delle civiltà sul nostro pianeta in quattro fasi:


CIRCA 445.000 – 250.000 ANNI FA: una fase in cui una serie di esseri provenienti da un altro pianeta é atterrata sul nostro, vi si é stanziata, ha iniziato a fondare degli insediamenti abitativi e 'industriali'; durante questa fase si stabilirono una certa gerarchia di comando e una certa suddivisione geografica per le quali i territori occupati, che erano relativamente pochi e circoscritti al Medio Oriente e all' Africa, erano suddivisi in regioni poste sotto la direzione di personaggi di rilevanza maggiore rispetto ad altri e vi si svolgevano differenti attività. Questi reggenti si dividevano i compiti, alcuni dirigevano, alcuni operavano, alcuni erano dediti alla ricerca, alcuni ala medicina, etc. Durante la fase terminale di questa fase ci fu una rivolta da parte di coloro che dovevano lavorare, e ciò portò alla rielaborazione genetica di un essere nativo del pianeta, l' Homo Erectus africano, che venne sostanzialmente forzato ad evolversi fino ad un livello che gli permetesse di comprendere gli ordini dei visitatori e di lavorare al posto loro;


CIRCA 250.000 – 50.000 ANNI FA: una fase in cui comprensibilmente sul pianeta l' Homo Erectus si sviluppò e diffuse nelle varie regioni, sia quelle poste sotto il controllo dei visitatori, sia quelle che sfuggivano al loro controllo. Parallelamente l' essere evoluto (che noi conosciamo come Homo Sapiens) lavorava per i suoi padroni nel centro Africa e in alcuni piccoli e delimitati insediamenti nel Medio Oriente; la maggior parte dei visitatori dunque, quelli che prima lavoravano, si trovò improvvisamente con molto più tempo libero. Una parte probabilmente fece ritorno al loro pianeta natìo, una altra parte rimase sul nostro pianeta a fare la 'bella vita'. Questa fase storica, molto lunga, abbraccia una serie di eventi climatici che indubbiamente dovettero rendere difficile la sopravvivenza sul pianeta e forzò gli abitanti nativi del pianeta all' isolamento.


50.000 – 6.000 ANNI FA: una fase relativamente recente in cui l' uomo evoluto iniziò ad essere spostato di regione in regione, a spostarsi autonomamente moltiplicandosi, e in cui venne in contatto con il suo predecessore. Come possiamo facilmente immaginare questo incontro portò alla quasi totale estinzione dell' Erectus ovunque avvenne. Durante questa fase i reggenti furono coinvolti in una serie di guerre motivate dalle situazioni più disparate: amori, necessità di minerali, faide familiari, gelosie personali, voglia di riscatto, e così via. Ma fu anche la fase in cui l' uomo evoluto si evolvette ancora di più, non possiamo dire se in maniera del tutto naturale, e fu elevato a fiduciario e mandatario dei suoi creatori. In questo arco di tempo importanti personaggi umani hanno interagito con i loro creatori non solo in qualità di lavoratori subordinati, ma anche in qualità di servi fidati, e a questi esseri prescelti i reggenti insegnarono alcuni importanti segreti riguardanti il tempo, il cielo, la natura, etc. Stanziamenti indipendenti di umani si formarono in svariate zone del globo, alcuni vennero in contatto tra loro, altri vissero isolati, ma comunque ciò avvenne questo fu il periodo in cui si son gettate le basi per la diversità biologica ed etnica attuali. Sono iniziate a nascere le radici dei 'popoli' e sono nate le prime 'culture' umane.


6.000 – 2.500 ANNI FA: un' ultima fase nella quale si verificarono eventi decisivi sia nella storia dei visitatori sia in quella degli uomini, spesso essendo le sventure degli uni e degli altri strettamente correlate. In questa fase si ebbe il passaggio da 'culture' a 'civiltà', nascono le prime civiltà conosciute, in Mesopotamia e in Egitto prima, nell' Indo e nell' est europeo dopo, da li poi arrivando un po' in tutta l' Europa. E' la fase 'storica', quella che comunemente studiamo nel libri di scuola in maniera via via più approfondita, ed é anche quella che, paradossalmente, ha il maggior numero di testimonianze e il maggior numero di interpretazioni. E' anche la fase in cui questi 'visitatori' lasciano finalmente l' uomo a se stesso: l' uomo é ormai maturo e capace di badare a se stesso.


sabato 16 gennaio 2016

Siddharta e i suoi principi fondamentali


La maggior parte degli uomini sono come una foglia secca, che si libra nell’aria e scende ondeggiando al suolo. Ma altri, pochi, sono come le stelle fisse, che vanno per un loro corso preciso, e non c’è vento che li tocchi, hanno in se stessi la loro legge e il loro cammino.



La saggezza non è comunicabile. La scienza si può comunicare, ma la saggezza no. Si può trovarla, viverla, si possono fare miracoli con essa, ma spiegarla e insegnarla non si può.


Affidati al messaggio del maestro, non alla sua personalità.
Affidati al senso, non alle parole.
Affidati al senso reale, non a quello temporaneo.
Affidati alla tua mente di saggezza, non a quella ordinaria che giudica.



Attraverso la violenza forse puoi risolvere un problema, ma pianti i semi per un'altro.


Chi fa del male soffre in questo mondo e nell'altro. Chi fa del bene gioisce in questo mondo e nell'altro.


Ciascuno ha perso il proprio centro, ma se conosci te stesso, nessuno può scuotere questa conoscenza !



Fare del nostro meglio significa che in ogni momento della nostra vita di tutti i giorni dovremmo investigare nella nostre menti a proposito dei nostri errori, anche quelli di cui gli altri non sanno. Se noi lo facciamo, stiamo davvero facendo del nostro meglio.



Il segreto della salute fisica e mentale non sta nel lamentarsi del passato, né del preoccuparsi del futuro, ma nel vivere il momento presente con saggezza e serietà. La vita può avere luogo solo nel momento presente. Se lo perdiamo, perdiamo la vita. L'amore nel passato è solo memoria. Quello nel futuro è fantasia. Solo qui e ora possiamo amare veramente. Quando ti prendi cura di questo momento, ti prendi cura di tutto il tempo.


da PensieriParole Attraverso la violenza forse puoi risolvere un problema, ma pianti i semi per un'altroriparole.it/aforismi/saggezza/frase-208876?f=w:131>

lunedì 11 gennaio 2016

R.I.P. David Bowie


Morto David Bowie, addio alla star che rivoluzionò il rock.

Il cantautore e compositore britannico si è spento domenica notte. Aveva appena compiuto 69 anni. Era da tempo malato di cancro. La notizia è stata pubblicata sugli account ufficiali della rockstar lunedì mattina ed è stata confermata dal figlio Duncan Jones su Twitter.
Io l'ho conosciuto con il video Let's Dance e me ne innamorai subito...(1983)...avevo 14 anni...



Il videoclip musicale della canzone fu diretto da David Mallet in Australia, utilizzando come location, tra le altre, un bar a Carinda nel Nuovo Galles del Sud e il Warrumbungle National Park vicino Coonabarabran. Il video mostra Bowie mentre suona con la sua band osservando impassibile una coppia di aborigeni nativi australiani che danzano come metafora dell'imperialismo culturale occidentale. Le scarpe rosse ("red shoes") menzionate nel brano vengono mostrate in diversi contesti come simbolo dell'oppressione imperialista. Così Bowie descrisse il video: «Molto semplice e diretto, una dichiarazione contro il razzismo e la repressione».

Dopo tanto tempo l'ho riascoltato grazie al film "Noi Siamo Infinito" e la notizia di oggi mi ha sconvolto...posso solo dire che in paradiso si suona una musica bellissima....


"Heroes" è il grido disperato dell'ultimo romantico sulla terra: in un mondo ormai distrutto David cerca di implorare la sua ragazza a non andarsene e a non scegliere strade più semplici, perché come dice lui nella canzone: «We can be heroes, just for one day» (Possiamo essere eroi, solo per un giorno). Lo sfondo di "Heroes" è il Muro di Berlino ostacolo fra due amanti e simbolo della guerra fredda.

sabato 9 gennaio 2016

Aforismi by Giuliano Kremmerz



Aforismi by Giuliano Kremmerz

La filosofia si studia, le idee si discutono, i simboli si spiegano, ma per imparare l'arte magica dopo la filosofia della magia bisogna possedere tre cose:
 

La Volontà senza desiderio.
La Forza di fare senza fermarsi.
La Pratica di non sbagliare.

Un fenomeno solo dovete aspettarvi dalla nostra dottrina,l a reintegrazione del vostro IO intelligente, che lo spirito vostro si rischiari e trovi la LUCE e,nella luce, il Maestro.

Il discepolo deve amare il suo Maestro perché senza l’Amore illimitato nella finalità del bene, la mente del primo non intenderà il cuore del secondo.

Il mondo visibile si alimenta della paura di non avere. L’invisibile ha la certezza eterna di prendere quando si vuole e quando si ha necessità.

Adopera quella pratica della vita, la pratica della Magia Naturale. E’ un diritto di superiorità che si può e si deve esercitare in nome di quella giustizia che fa sì che gli animali più perfettamente sviluppati abbiano il diritto di predominio. 


Chi deve studiare Magia e praticarla, deve essere sano di corpo e di mente.

Un fenomeno solo dovete aspettarvi dalla nostra dottrina,la reintegrazione del vostro IO intelligente, che lo spirito vostro si rischiari e trovi la LUCE e,nella luce, il Maestro.





Uno è il mondo, uno è l'uomo e uno è l'uovo. Il mondo, l'uomo e l'uovo fanno tre. In ogniuno vedi il tre, nel mondo, nell'uomo e nell'uovo tu trovi tre volte tre.

Se vuoi imparare il secreto dell'uovo rimonti a tre;

Se vuoi comprendere il mistero dell'uomo risali a sei;

Se vuoi intuire il grande arcano del mondo sali a nove.

Aspiri e respiri tre volte per conoscere il secreto dell'uovo.

Sei volte pel mistero dell'uomo, nove volte per l'arcano del mondo.

Cosi Èa (Ieova) creò prima il mondo poi l'uomo o poscia l'uovo e dette a questo il secreto dell'uomo e del mondo.

Perciò, figliolo, il primo aforisma delle cose sacre e riposte è nel numero 369. Senza luce, senza rumore, senza pensiero di sorta che non sia aspirazione ad Èa, seppellisciti vivo con le orecchie turate con cera di api e lana di agnello in cavità in cui non entri luce di mondo e là 369 respiri e aspiri fino a quando non vedi il Mondo nell'Uovo di Èa.





Èa contemplò al crear del mondo due cose il bianco e il nero, il caldo e il freddo e il soffio suo divenne freddo e caldo e dette il suo soffio caldo all'uomo e il freddo alla donna, che il primo doveva accendere e riscaldare e la seconda prendere e conservare: cosi tu, o figliuolo, appena hai visto il Mondo di Èa imparavi che cosa è la VITA e come la vita si insoffia dal mondo di Èa sul mondo dell'uovo e scoprirai che la Vita delle cose maschie non è quella delle cose femmine o che solo nelle cose di doppia natura Èa soffiò due volte.

Perciò il secondo aforisma che devi ricordare è di non poter fare opera divina senza conoscenza della vita-natura nell'uovo, nell'uomo e nel mondo di Èa.

 

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Quando hai imparato ad aspirare e a respirare, a conoscere la vita-natura dei maschi o delle femmine nelle cose del mondo di Èa devi imparare di insufflare come Èa fece nel mondo sull'uovo delle cose che non sono ancora create.

Allora ritorna nel tuo sepolcro virente, ritappati le orecchie e invece di aspirare e respirare tu devi insufflare 369 volte sulle cose che senti e non vedi.

Soffiando gonfi le gote ma non gonfiare il ventre, diversamente il soffio ritorna dove è partito e tu morrai.

Figliuolo, se questa regola pratichi troverai come soffiando in cielo vi accendi il fuoco (pir).





Se hai imparato a conoscere il mondo di Éa, la vita del doppio soffio e come accendere soffiando (insufflando) il fuoco nel cielo, tu te ne andrai sulla più alta montagna del tuo paese, sederai sulla nuda terra ponendo un albero fruttifero a destra e un seme a sinistra.

Soffiando sull'albero, l'albero seccherà come colpito dal vento di Schen (del deserto) o insufflando sul seme tu rifarai l'albero, Allora vedrai dalla terra spuntare un serpente con due teste che in due voci ti dirà:

1.° Io sono il seme.

2.° Io sono l'albero.

Allora tu capirai che come le due teste hanno un tronco solo il seme e l'albero non sono che uno, indi farai seccare il nuovo albero e il nuovo seme e domanderai che Èa ti insegni. Accendi col soffio il fuoco e Èa ti parlerà di mezzo alle fiamme.






Appena Èa ti avrà parlato, lo spirito suo, il gigante Egs (Arie) comincerà a stabilire dei venti intorno a te. Questi venti sono la sorgente della tua potenza, della tua forza e della tua luce, ma guardati di abbandonarti fidente ad essi chè Èa e il suo spirito Egs sono più forti di te e tu morresti elevato vivo dove non può vivere l’uomo.





Fabbricati una nave con una vela che il vento di Egs non può rompere, e appena vedrai il vento gonfiare le acque e le acque salire al cielo, entri nella nave e dì a Egs portami dove l'acqua non arriva. Allora la Vela sarà gonfiata da sette spiriti di Egs.


Fon — spinge

Xi — raddrizza           vede

Mne — sostiene          sente o parla

Ag — conduce

Mor — trattiene


Al quarantesimo giorno sentirai che la nave tocca la terra.

dirà l'acqua scende,

vedrà le cima di un monte triangolare.

Tu allora per sapere la verità cambiati in uccello nero e vola e troverai i cadaveri e le carogne che ti incateneranno. Ritorna in ispirito alla tua barca e fatti colombo e ringrazia Èa, allora Egs continua a rotare e tu gonfierai e abbasserai le acque rame tu vuoi o conoscerai  il secondo spirito, Ise.




mercoledì 6 gennaio 2016

12:12


Vedere numeri doppi rappresenta un catalizzatore che è in grado d'attivare in voi la memoria contenuta nelle vostre cellule.

L'attiva grazie alla frequenza che il numero rappresenta.

E' una corrente magnetica che catalizzando le energie che sono dormienti in voi, attiva un determinato aspetto dell'ascensione del vostro Pianeta ma anche di voi.

Il numero dodici è un numero che rappresenta l'energia del compimento che si moltiplica, che esce dai binari dell'individualità per entrare in quelli della collettività.

Rappresenta il numero dimensionale che attiva la completezza d'un processo ormai giunto a maturazione e lo proietta in una dimensione oltre la sfera personale d'ognuno di voi.

E' il numero del compimento quindi ma anche della trasmutazione dello stesso in energia collettiva.

Pensate ai dodici apostoli che rappresentavano la coorte, lo specchio in cui Cristo era il magnete entro cui ruotavano i suoi discepoli.

Cristo moltiplicava se stesso, la sua divinità, il Ternario divino e questo ha permesso alla religione che ne è sorta di diventare un bene collettivo.

Il catalizzatore del 12 produce il moltiplicarsi entro ogni individuo dell'energie raccolte dal processo d'ascensione che molti di voi stanno compiendo.

Diventa quindi qualcosa che non riguarda solo voi ma tutta l'umanità.

L'energie dell'ascensione che per ora sono dominio ed esperienza di pochi, attraverso il catalizzatore della matrice 12, diventeranno un'esperienza che toccherà ogni Essere della Terra, che lo desideri o meno.

Quando quindi vedete il numero doppio( doppio in quanto duplicando se stesso dà il via alla molteplicità) significa che ciò che state compiendo sta espandendosi non solo entro di voi ma attorno a voi.

State moltiplicando i vostri beni in una dimensione che tocca sempre più individui in modo esponenziale.

Se lo vedete spesso è il segnale che la vostra opera sta compiendo ciò per cui è stata iniziata: 
 
l'ascensione collettiva dell'umanità.


martedì 5 gennaio 2016

I Saldi sono morti...viva i Saldi...

 
 I Saldi sono morti...viva i  Saldi...


Una piccola guida redatta da Adusbef e Federconsumatori su come evitare i raggiri durante il periodo dei saldi:

Per prima cosa invitano a verificare il prezzo dei prodotti che si vogliono acquistare prima che inizino gli sconti, per poterne valutare la reale entità. In secondo luogo, non fermarsi al primo negozio che si incontra, ma confrontare i prezzi applicati in diversi punti vendita. Diffidare poi delle vetrine coperte da manifesti, che non consentono di vedere la merce, e di negozi che applicano sconti eccessivi, pari o superiori al 60%.
Quarto suggerimento, controllare il cartellino che accompagna il prodotto, sul quale devono essere obbligatoriamente riportati, in modo leggibile, sia il vecchio prezzo che quello nuovo, oltre alla percentuale dello sconto. Le associazioni ricordano poi che, partire da giugno 2014 i commercianti hanno l'obbligo di accettare pagamento con carte di credito o bancomat tramite pos per cifre superiori a 30 euro.
 
Inoltre, i prodotti a saldo devono essere sì di fine stagione, ma dell'anno in corso e non delle stagioni degli anni passati. I prodotti di risulta o di magazzino devono infatti essere venduti separatamente da quelli in saldo. Anche se il cambio del prodotto non è obbligatorio, ma a discrezione del negoziante, Adusbef e Federconsumatori invitano quindi a conservare lo scontrino quale prova di acquisto. Lo scontrino è infatti essenziale in caso di merce fallata o non conforme, poiché vincola il commerciante alle norme di legge relative alla garanzia di sostituzione o al rimborso della somma pagata. Altro invito, quello a diffidare dei negozi che non lasciano provare i capi di abbigliamento, per quanto siano non obbligati a farlo. Per finire, il decimo consiglio è quello di rivolgersi vigili urbani, all'ufficio comunale per il commercio o ad un'associazione di consumatori in caso di problemi.





lunedì 4 gennaio 2016

Cos'è l'amicizia ?

L’amicizia è un sentimento di affetto, simpatia, solidarietà e stima che unisce due o più persone. Con il passare del tempo, ci si crea una cerchia di amicizie, ossia un gruppo di persone con cui si è in buoni rapporti. Contare su amicizie importanti consente di vivere serenamente la propria vita, con la sicurezza di avere persone alle quali rivolgersi per ricevere aiuto nei momenti difficili e condividere le gioie.
Il termine amicizia deriva dal greco φιλία e lo si incontra in ambito filosofico nell’accezione di forza cosmica e divinità che tiene in armonia gli elementi. La definizione di amicizia di Aristotele ne ha segnato in maniera profonda il concetto, facendone una lunga analisi nei libri VIII e IX dell’Etica Nicomachea. Per il grande filosofo greco, si tratta di una virtù fondata non su sensazioni ed emozioni bensì su abitudine e libera scelta, fondamentale per la vita perché nessuno, anche chi possiede tutti i beni che desidera, vivrebbe senza amici. Dopo Aristotele, il tema è stato ampiamente affrontato nella filosofia, sviluppato da stoici ed epicurei che ne fecero una delle principali esperienze della vita del saggio. In una operetta classica, il Laelius, si trova la definizione dell’amicizia di Cicerone che vede questo sentimento come un affetto concentrato tra poche persone.

L’argomento è stato poi ripreso dal Cristianesimo e trasformato nell’amicizia cristiana che è estesa all’intera umanità e si fonda sull’amore fraterno. Nel Rinascimento Montaigne ne trattò il tema sotto l’aspetto psicologico e la definì come una «servitù volontaria», un legame profondo e disinteressato tra due esseri umani. Ha ispirato anche letterati e poeti come Kahlil Gibran che vi ha dedicato una bellissima poesia.
Per riconoscere un’amicizia vera e pura, bisogna innanzitutto distinguere la particolarità del sentimento in questione dalla benevolenza. Quest’ultima, infatti, può essere rivolta anche a persone sconosciute e rimanere nascosta mentre l’amicizia vera implica un coinvolgimento attivo. Si caratterizza per la reciprocità e il piacere di «vivere insieme», aspetti che nascono dalla comunanza di ideali e stili di vita, e secondo alcuni anche dalla somiglianza del DNA. Con gli amici veri, quando si è in dialogo, si entra in confidenza e si rivelano aspetti personali della propria vita che altrimenti rimarrebbero nascoste nel proprio intimo. Tra i segnali per capire quella vera e distinguerla da quelle interessate, fuggevoli e brevi, vi sono il rispetto, la generosità, la predisposizione ad ascoltare e aiutare l’altro. Quando ci si trova di fronte a una persona che parla in maniera irrispettosa, si è lontani dal sentimento puro perché questo atteggiamento mina le basi di una buona amicizia. L’ascolto e i piccoli gesti che rivelano il desiderio di aiutare l’amico in difficoltà, sono altri segnali utili per distinguere quella vera da quella falsa.


Purtroppo ognuno ha idee diverse sull'amicizia, ed è per questo che io ho pochi amici che considero veri, in quanto hanno i miei stessi valori.
Per me l'amicizia che ti lega a una persona, è quel qualcosa che ti fa sentire di essere apprezzato, nonostante tu abbia una marea di difetti, che il tuo amico non sopporta. Sai di non essere solo, perchè sai di avere gli amici accanto , che sanno sempre come consolarti e starti vicino, anche se a volte non ci riescono..ma non vuol dire che non siano veri amici!
L'amicizia può durare in eterno, se si vuole davvero bene a una persona, perchè se c'è davvero questo sentimento, non si spezza facilmente, ma ogni ostacolo la rafforza. L'amore è molto più debole e distruttibile.
Forse l'amicizia non si può definire in varie parole, perchè ha sempre quel punto di domanda che non ti spieghi, come l'amore.
Ma una cosa è certa, sai quando sei innamorato, e sai quando hai trovato un vero amico. 


Trascorriamo sul posto di lavoro una gran parte delle nostre giornate. Siamo così a stretto contatto con i nostri colleghi e questa situazione ci porta ad un interrogativo piuttosto spinoso: quanto conviene parlare di sé in ufficio? E quanto possiamo entrare in confidenza con i colleghi?

Molto dipende dal clima dell’azienda per cui lavoriamo. Sicuramente esistono ambiente molto informali, dove una forte complicità fra colleghi è considerata molto positiva per la produttività. Tuttavia esistono anche ambienti dove un’eccessiva socievolezza è considerata come antitetica ad un approccio responsabile. Meglio quindi osservare attentamente, in particolare i primi giorni, per poter capire le regole implicite che governano la nostra azienda. Siamo accolti con diffidenza? L’atmosfera è estremamente competitiva e carica di aggressività? Meglio stare in guardia, allora.
Tuttavia non sempre è il contesto a fare la differenza, quanto le proprie inclinazioni caratteriali e la propria visione professionale. Le variabili in gioco sono quindi molto numerose e a volte scegliere l’approccio migliore può causare un forte disagio. Se siamo abituati ad avere rapporti molto confidenziali con chi ci sta accanto, è difficile poter cambiare le nostre attitudini una volta varcata la soglia dell’ufficio.


domenica 3 gennaio 2016

LA TAVOLA DI SMERALDO


LA TAVOLA DI SMERALDO
PROPOSIZIONI
E' vero, è vero senza errore, è certo e verissimo.

Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare il miracolo di una cosa sola.

Come tutte le cose sono sempre state e venute da Uno, così tutte le cose sono nate per adattamento di questa cosa unica.

Il Sole ne è il Padre, la Luna è la Madre, il Vento l'ha portato nel suo ventre, la Terra è la sua nutrice. Il Padre di tutto, il Telesma di tutto il Mondo è qui; la sua potenza è illimitata se viene convertita in Terra.

Tu separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dallo spesso, dolcemente, con grande industria. Ei rimonta dalla Terra al Cielo, subito ridiscende in Terra, e raccoglie la forza delle cose superiori ed inferiori.

Tu avrai con questo mezzo tutta la Gloria del Mondo, epperciò ogni oscurità andrà lungi da te. E' la forza forte di ogni forza, perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida.

E' in questo modo che il Mondo fu creato.

Da questa sorgente usciranno innumerevoli adattamenti, il cui mezzo si trova qui indicato.

E' per questo motivo che io venni chiamato Ermete Trismegisto, perché possiedo le tre parti della filosofia del Mondo.

10° Ciò che ho detto dell'operazione del Sole è perfetto e completo.



Autore di questa Tavola fu un Hermes, un essere, cioè umano e divino, il quale aveva saputo fondere nel proprio crogiuolo tutto se stesso, sollevandosi nella natura essenziale del ternario, fonte perenne di vita incorruttibile, che lo rese tre volte grande o trismegisto.
Il particolare nucleo di praticanti a cui queste note sono indirizzate mi dispensa da chiarimenti audaci e, peraltro, essi costituirebbero nei loro confronti una irriverente pretesa, se non fossero ispirati al principio ammesso e permesso in taluni casi dall'Ordine Osirideo Egizio di "potersi consultare su determinati punti di controllo, secondo la formula fondamentale della rivelazione ermetica" che è superfluo ripetere a chi già la conosce.
Ai fini, pertanto, di una sempre più salda impostazione del teorema alchemico non mi pare di offendere la loro sensibilità ricordando che lo smeraldo è il colore di Venere e che il segno corrispondente a questo pianeta è lo stesso segno di mercurio, privato della luna, ossia privato del principio formale.
Perché poi le proposizioni siano dieci, cioè uno e zero, e perché in esse sia molto richiamata e commentata la decima chiave del Tarocco, è cosa che essi certamente sanno.
Ma non è mai troppo soffermarsi su certe coincidenze di numero e di simbolo, riunitamente e separatamente considerate, perché a volte piccoli (apparentemente piccoli) riferimenti trascurati, possono interferire negativamente sui risultati attesi, donde disinganni e reazioni, che richiedono tempo, soprattutto tempo, per poter essere assorbiti, ovverosia eliminati.
Senonché cotesto fattore, il tempo, cioè, quando non è tenuto nella debita considerazione, mal si accorda col successo ambìto, perché - come in tutte le opere di creazione - esso ha un'importanza specifica; mentre col fare, sostare, disfare e rifare se ne va nel suo fiume la parte più preziosa della nostra esistenza, oltre la quale non restano che la rassegnazione e... la morte.
E consideriamo ora brevemente - come si conviene a siffatti rispettabili praticanti - il testo della prima proposizione.



E' vero, è vero senza errore, è certo e verissimo.

Su questa triplice affermazione se ne sono scritte di tutti i colori. Vi si diffondono Eliphas Levi, il Cremonesi e, con grande sfoggio di filosofia, il dottore L. Iesboama nel Commentarium, al cui testo rimandiamo il lettore interessato o curioso.
Ma è bene precisare che l'ermetista classico non ha niente da vedere col filosofo pedante, tutto assorto ed assurto nelle astrazioni concettuali dei più arditi pensieri e delle più sottili induzioni.
L'ermetista classico è un pratico, che ha constatato dei fatti e ad essi si riferisce, più che alle loro cause, sulle quali non è raro che anche per lui resti inesplicabile il velo del mistero.
E proprio per questo, per non poterne dare, cioè, una spiegazione esauriente e tale che soddisfi le esigenze di una logica spesso trionfante per facile dialettica, è costretto a darne ripetute assicurazioni, come chiunque è ansioso di corroborarle con insistenza, magari giurando su questo o su quello.
Interpretata in questo spirito, semplicisticamente, la triplice affermazione appare legata non solo al desiderio, ma anche al bisogno di persuadere e di guadagnar credito. Al desiderio, per le ragioni anzidette, ed al bisogno, perché il Trismegisto, che sa il fatto suo, preso da perplessità, vuol dare il massimo incoraggiamento all'impresa.
Perché poi questa perplessità?
Perché gli errori e gl'insuccessi non sono né pochi né rari; non mancano mai di conseguenze e disarmerebbero le più forti e tenaci volontà.
Ma quando uno, che nel prosieguo delle sue enunciazioni mostra una ammirabile scienza, insiste nel dire che è vero, è vero senza errore ed è certo e verissimo quello che dichiara, allora vuol dire, a mio avviso, che malgrado gli errori, gli insuccessi e le conseguenze di cui sopra, non bisogna desistere, né infirmare la validità del procedimento suggerito, ma piuttosto rivedere il proprio operato con fede e sagacia se... il tempo e le altre condizioni richieste sono ancora matematicamente armonizzate alla bisogna.
Pertanto il testo della prima proposizione va tradotto: "Puoi essere sicuro, perché mi consta personalmente e mi devi credere, la cosa va fatta certamente in questo modo".



Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare il miracolo di una cosa sola.

Questa proposizione va esaminata, per così dire, "di dentro" e "di fuori", vale a dire che prima bisogna mettersi nella condizione di chi l'ha scritta, di un hermes, cioè, come innanzi ricordato, e poi nella condizione di un uomo comune aspirante a quello stato.
Ma come fare? Occorre aiutarsi con delle immagini, e sarà poi il lettore intelligente a spingerne oltre le analogie per rendersi conto sempre più completo del loro valore.
Immaginiamo, ad esempio, un bel vaso pieno di acqua, ed immaginiamo altresì che l'acqua non sia, come abitualmente la consideriamo, un elemento materiale qualsiasi, ma un "essere cosciente e sensibile".
Cotesto "strano essere-acqua" sposa i limiti della forma che lo contiene e ne avverte, contro le parti, la natura resistente e solida, fissa e stabile, tutta opposta alla propria, di consistenza sua particolare.
A poco a poco, per assuefazione della sua coscienza, finirà per sentirsi "tutt'uno" con la forma che lo contiene, tranne dalla parte per la quale vi è entrato (bocca del vaso) la cui superficie libera, che per analogia si potrebbe paragonare al cervello, è a contatto con l'aria e gli dà l'impressione dell'infinito.
Qui, proseguendo nell'analogia, si potrebbe dire che se il vaso è trasparente non gli mancherà, anche dal limite che lo circoscrive, la visione e quindi l'impressione dell'infinito, mentre più il vaso è opaco e meno per questa via tale visione gli sarà possibile.
Come per assuefazione egli si sente tutt'uno col suo contenente, così tutt'uno si sentirà pure con l'infinito, dalla parte dove il contatto gli è possibile.
Ma in tali condizioni, vero cristo in croce, egli alternerà il suo stato di coscienza, secondo che più è esaltato il senso dell'uno o dell'altro contatto, dubitando alternativamente della propria realtà limite o della propria realtà infinita.
E' la sua condizione speciale che lo fa dimentico di "se stesso" e tutto permeato dalle sensazioni inevitabili che gli vengono dal suo mondo-ambiente specifico.
Ma se gli fosse possibile "esaltare" se stesso fino a sentirsi - come realmente è - "acqua", allora, per assuefazione col proprio elemento, egli avvertirebbe soprattutto la propria natura in una specie di separazione, o di oblìo delle impressioni precedenti, senza tuttavia perdere il privilegio della propria forma dovuta al vaso, né quello del contatto con l'infinito dovuto alla propria superficie libera.
In tali condizioni, prevalendo cioè la coscienza del suo "vero stato di essere" il basso (vaso) e l'alto (aria) verrebbero percepiti come due contatti di analoga importanza, ma di inversa natura: uno limitativo, concentrativo, fisso; l'altro, estensivo, dispersivo, mobile. Egli potrebbe allora dire: "Quello che è in basso è come quello che è in alto e viceversa, ecc.". E cioè:
a) alto e basso mi sono ugualmente estranei;
b) esercitano egualmente un'influenza interferente sulla mia identità;
c) ma sono le condizioni indispensabili di contrasto alle quali debbo se posso sentirmi veramente "io" in una forma e a contatto con l'infinito, e cioè per sentirmi "una cosa sola o unica" con me stesso.
Ecco cosa vuol dire che il basso è come l'alto e viceversa, per produrre il miracolo "della cosa unica" in un vaso, s'intende, perché fuori di questa condizione non avrebbe alcun interesse alchemico.
Esaminata "dal di fuori" da un essere cioè non pervenuto alla identificazione con se stesso, la proposizione va rettificata così:
"Per produrre il miracolo della cosa unica occorre che l'alto sia come il basso e viceversa, vale a dire che tu pervenga alla constatazione degli inversi limiti che ti condizionano, attraverso una forma di separando che in realtà non ti separa dal tutto, ma ti restituisce a te stesso".



Come tutte le cose sono sempre state e venute da UNO così tutte le cose sono nate per adattamento di questa COSA UNICA.

Abbiamo già chiarito, grosso modo, cosa sia questo UNO, o COSA UNICA, o HERMES, e cioè:
a) un essere umano e divino
b) tutto fuso nel proprio crogiuolo
c) sciolto nella natura essenziale del ternario
d) Uno con se stesso
per l'avvenuto miracolo di "una sola cosa". Miracolo, da mirare cioè fissare e perciò stabilmente integrato, immortale ed eterno espressione purissima della volontà-intelligenza divina, in esercizio perpetuo e polluente di creazione.
Così caratterizzato, egli è omologo, nella propria sfera, al Principio-Uno da cui è tutto derivato e tutto è derivabile e, per analogo potere di adattamento, può derivare da se stesso ciò che vuole, SE PURE E' IL CASO DI OPERARE DERIVAZIONI VOLUTE, con l'implicita conseguenza di assoggettarvisi e non, invece, come crediamo, quello di restare "puro" ed in se stesso, lasciando agli accostamenti passivi la cura di ingravidarsene a tutto loro vantaggio o rischio.
Egli, difatti, sempre puro e vittorioso, non ha bisogno alcuno di volere, ma sarà chi gli si accosta a sviluppare, volente o nolente, per fatale copulazione, i suoi germi fecondi, con risultato benefico o malefico, secondo che, nell'avvicinarlo, abbia concepito il bene o il male, mentre egli resta inalterato ed al limite superiore all'uno ed all'altro.
Nasce qui il grosso equivoco dei dilettanti, dei principianti e dei vagheggiatori sui "poteri" della magia.
I poteri dell'hermes (o del mago) non sono suoi (non saprebbe che farsene) ma sono lo sviluppo che conseguono (in campo isiaco e per la sua virtù o forza generante attiva) quelli che gli sono attribuiti, con la immaginazione, con la fede, o con la consapevolezza della tecnica di meccanismo che li rende propizi e benefici.
E quando non è così, trattasi di sacrificio o di missione accettata.
Ecco l'Unus, pollentissimus omnium, e non per nulla Mercurio (Hermes) è raffigurato irto e teso su un piede solo, in uno slancio nervoso verso l'alto, tutto pervaso di forza, quasi prossimo a spiccare il volo.
Ma qui la forma non inganni, perché è la sostanza che interessa. Sostanza Una, s'intende, e non bina, sostanza che sta al nucleo di ogni cosa esistente e che fa dire all'Hermes: "Come tutte le cose sono sempre state e venute da Uno, così tutte le cose sono nate per adattamento di questa cosa unica".
E' chiaro, pertanto, che in sede di adattamento la cosa una diventa bina e cioè partecipe della natura essenziale delle forme create, e mal si appongono coloro che a questa rivolgono la loro attenzione, perché l'UNO è l'UNO e in cifra araba si scrive: 1.



Il Sole ne è il Padre, la Luna ne è la Madre, il Vento lo ha portato nel suo ventre, la Terra è la sua nutrice. Il Padre di tutto, il Telesma di tutto il Mondo è qui; la sua potenza è illimitata se viene convertita in Terra.

Il Sole ne è il Padre la Luna ne è la Madre.
Di chi?
Dell'Uno, s'intende, dell'uno sempre, come innanzi inteso, il quale nascendo dal connubio degli opposti, ne riproduce i caratteri, riuniti in se stesso, ovverosia in "una cosa unica". Processo genetico, cotesto, di inattaccabile verità, confermato in fisica, cioè in natura, e da rettificare con l'aiuto dell'arte.
Il Vento lo ha portato nel suo ventre.
Il vento, come si sa, è circolatorio e nasce da due zone di opposta temperatura. E qui si tratta appunto di circolazione, come rilevasi altresì dalla decima chiave del Tarocco.
Vento di scirocco o di tramontana?
Temerario colui che, impugnato il manubrio, ne imprenda il moto con ignara mano! E' necessario sapere per osare, volere per creare, tacere per serbare. Un ansito di produzione gli gonfierà il petto, un'emozione trepida gli annunzierà che la mèta è vicina, un'illusione ottica - quando più vorticoso sarà il giro - fonderà in una visione unica i due genii... Poi ruota e genii ed asse e manubrio spariranno, mentre il cuore vacilla (peccato!)... e un negrore ottenebrante (lapis niger) tutto offusca ed involve.
Ove sono? Chi sono? Non sono? E' la morte?
No. E' la vita. A me la terra, la nutrice inesausta si prodighi!
Non v'è produzione che non si nutra al suo seno ricolmo; ogni cosa attinge ai suoi fianchi possenti il tessuto del proprio sviluppo: la lussureggiante flora, ricca di semi che ne perpetuano la specie, la fauna copiosa, che sfida i secoli e le inclemenze.
Il Padre di tutto, il Telesma di tutto il Mondo è qui.
Attenzione. C'è un errore: manca una virgola. Il testo va rettificato così:
Il Padre di tutto, il Telesma di tutto, il Mondo è qui.
Il Padre di tutto: è la forza generante attiva.
Il Telesma di tutto: è una ripetizione pleonastica rafforzativa.
Telesma da teleo è compiere, condurre a termine, divenir compiuto, perfetto, giunto a maturità.
Il Mondo è qui: mondo (apri bene le orecchie) sta per contrario di im-mondo; da mondare, mondato, mondo, cioè senza scorza; il purificato. Quindi il puro da ogni scoria è qui.
La sua potenza è illimitata se viene convertita in Terra... rossa (ci manca, ma si intende) perché nella terra comune, a questo punto, crescerebbe solo petrusino (prezzemolo) e vesenicola (basilico).
Sta di fatto, comunque, che sole, luna, vento e terra sono il solito quadrinomio ricorrente, senza il quale l'Uno non si elabora, non si manifesta, non si purifica e non si converte.
Senonché il quadrinomio è raccostabile ai quattro elementi: fuoco, aria, acqua e terra, da cui si estrae la quintessenza, ed alle quattro lettere del Tetragramma, che, opportunamente scongiurato, ne manifesta una quinta (scin), la quale, inserita nel ben mezzo di esso, forma il nome cabalistico del Cristo (iod-hè-scin-vau-hè) che è l'Emmanuel o il Redentore della natura umana.



Tu separerai la Terra dal fuoco, il sottile dallo spesso, dolcemente, con grande industria. Ei rimonta dalla Terra al Cielo, subito ridiscende in Terra, e raccoglie la forza delle cose superiori ed inferiori.

E' opinione notoriamente diffusa che un segreto alchimico esista e che sia gelosamente custodito. Anzi, perfino coloro che non ne sanno niente, ma hanno letto Schuré, Papus, magari Bésant e qualche rivistucola esoterica, ostentano un'aria di sufficienza e spesso ammiccano significativamente per passare tra coloro che sanno.
Essi sono, in verità, i più sicuri custodi del segreto e bisogna riconoscere che non ne parlano mai apertamente, né per rivelazione appropriata, per la semplice ragione appunto che non sanno niente.
Costoro, in fondo, non fanno male a nessuno, perché non danno "vie", non prescrivono "pratiche" e non millantano "poteri", paghi soltanto di darsi un pò di innocente importanza.
Ma ci sono quelli che hanno attinta o credono di aver carpita qualche notizia sicura, o che posseggono addirittura testi segreti, tanto segreti, invero, da cadere sotto gli occhi stupefatti perfino degli idioti, e non a caso.
Costoro hanno anche praticato, allettati da miraggi profani, e non ne hanno ricavato niente. Ma si gonfiano di sapienza, si circondano di mistero, si infiltrano tra i creduli, parlano a metà e, appena possono, stampano pure qualche libriciattolo sconclusionato, frutto molto spesso di plagio sfacciato e deformato, o di filosofia da strapazzo, sofisticando pedestremente su ciò che manifestatamente non hanno digerito.
Essi prendono molto sul serio ciò che dicono in lingua assai maltrattata e, frammezzo a notizie di seconda e terza mano, arricchite di citazioni autorevoli, personalmente non riescono a concludere nulla.
Sono poveri diavoli che credono con le loro indiscrezioni di violare il "segreto della rivelazione", assumendosene la responsabilità (come se fossero dei responsabili) con aria di Maestri emancipati.
Ma come spiegare l'assolutezza di cotesto segreto con le indiscrezioni che ne trapelano?
Come spiegare l'esistenza di un Ordine costituito che si proclama in grado di garantirlo e le profanazioni dilaganti?
E' semplice: notizie e testi (quando risalgono a persone serie) sono una "PROVA" e cioè soltanto un'indicazione per giungere, SE DEGNI, alla conoscenza del segreto, ma non sono il segreto.
Anche il Trismegisto, difatti, nella sua Tavola laconica quanto completa, non appena si tratta di toccare l'argomento principe, dice soltanto:
"Tu separerai, ecc."
Ma in che modo?
Ebbene il "modo" non è stato mai trasmesso né con le parole, né con testi scritti ed è questa la garanzia sicura della custodia fra coloro che, pervenuti a conoscerlo, sanno di dover tacere e perché.
Il "modo", quando non è tramandato per simboli pressoché ininterpretabili, si apprende per "VISIONE DIRETTA" entrando, in compagnia di un Maestro Iniziatore, nel laboratorio alchimico di una Loggia Ammonea ed assistendo ad una trasmutazione reale nel silenzio più rigoroso del Maestro e del Novizio.
Ma anche qui, per ovvie ragioni, la trasmutazione che consta di quattro operazioni con quattro risultati specifici, non viene "Mostrata" intera.
Si ferma alla terza operazione, e tutto ciò che se ne può dire a edificazione del circolo interno per il quale sono redatte queste note, qui di seguito sarà per la prima volta riferito senza fitti velami.
Il laboratorio alchimico è una comune stanzetta di forma quadrata, dalle pareti tinte rigorosamente in nero, con due opposte aperture piuttosto basse: una d'ingresso e una d'uscita.
Al centro vi si trova un cubo sul quale è disposto verticalmente un serpente di soffiato di Murano, che s'incurva circolarmente su se stesso (il serpente che si mangia la coda) avendo le fauci aperte, a poca distanza dalle quali termina la coda.
Il serpente, internamente cavo, ha una rigonfiatura ovoidale nella gola, alla cui base, presso la strozzatura inferiore, è inserito un filtro, a lato del quale si apre una valvola di scarico. La coda, cava come si è detto, termina con un'apertura, e tutto è riscaldato a bagnomaria con temperatura costante.
Il Maestro ingozza nelle fauci dell'animale una sostanza gelatinosa che preleva da apposito serbatoio laterale munito di rubinetto e questa va a cuocersi della rigonfiatura menzionata, donde a poco a poco sciogliendosi, attraversa il filtro e comincia a gocciolare nella parte inferiore. (Tu separerai la terra dal fuoco).
Quando attraverso il filtro non passa più nulla, per mezzo della valvola laterale si scaricano i depositi insoluti e con un ingegnoso dispositivo a manovra esterna, si porta su, attraverso la coda del serpente, il liquido ottenuto (sale dalla Terra al Cielo) fino a che dalla parte incurvata verso le fauci aperte esso vi comincia a ricadere (subito ridiscende in Terra).
A questo punto si sostituisce il filtro con un altro più sottile e si ripete tutto come prima. E così di seguito: sempre con un filtro più sottile fino a quando dall'estremità della coda non viene fuori alcun liquido, ma un vapore prezioso, cioè uno stato di essere della materia che sta fra il liquido e il gassoso.
Qui si chiude la prima operazione trasmutatoria, che allora può dirsi riuscita quando il vapore raccolto si congela in una massa omogenea opalina, che, ottenuta per passaggio di materia da uno stato all'altro, "raccoglie la forza delle cose superiori ed inferiori", cioè la consistenza eterea e quella materiale.
L'insuccesso di questa prima operazione è fatale per chi s'intestardisca nel prosieguo senza le dovute rettifiche, le quali possono riguardare il tempo di apertura e di chiusura, la temperatura, le ostruzioni, le interruzioni, il bagnomaria e molte altre che stimo superflue enumerare.
In caso di riuscita, invece, poiché "il procedimento è lineare" si passa alla seconda operazione, che è identica alla prima, ma varia per un composito accessorio, il quale va miscelato al primo elemento trasmutatorio, con "determinati accorgimenti che sono la condizione indispensabile e necessaria all'ossidabilità, senza la quale la pratica resta nullificata e può divenire addirittura controproducente".
Esso si estrae da "l'ortosvodum" (inutile che i latinisti s'immischino in questo arcaismo) rigorosamente custodito da impenetrabile recinto e precluso alla foia di qualsiasi animale maschio.
Cotesto reagente, per reiterate centrifugazioni, operate sempre per cozione e filtro, dinamizza la miscela al punto che bisogna sorvegliare con la massima attenzione la sua espansione nell'alambicco, pena lo scoppio dell'apparecchio e l'irreparabile perdita della sostanza.
Ma se tutto procede con le dovute cautele, mettendo la mano alla estremità della coda, si avvertirà prima una zaffata di aria calda-secca e poi si raccoglierà una sottilissima polverina (polvere di proiezione) che ha la proprietà di "separare" la forza della materia, ma non in maniera esplosiva (niente bombe atomiche!!!) "SIBBENE INDUCENDO TENDENZA ALLA MOBILITA'" nei corpi animati (Ibi mobile).
Però è leggermente stupefacente e afrodisiaca, donde il pericolo, per l'incauto che vi decada facendone cattivo uso, di permanere in simili stati, dando così modo e tempo al serpente sempre vigile di profittare del suo momentaneo incantesimo per divorare il piccolo implume.
Ma l'alchimista austero non si lascia sedurre dalle attrattive erotiche e prosegue imperterrito alla terza operazione.
Egli opera, cioè, una seconda miscela, traendone da un barattolo pronto per l'uso due boccette ripiene di diverse essenze provenienti dalle piante della Repubblica Argentina: una di colore rosso fiammante e un'altra di colore bianco e latteo.
Codeste due essenze hanno proprietà reciprocamente divoranti, talché, messe assieme, si distruggerebbero a vicenda e non lascerebbero altro di se stesse che un odore caratteristico molto noto ai praticanti di alto grado.
Ma fatte cadere a gocce, separatamente, su qualche milligrammo della polverina ottenuta, perdono la loro caratteristica corrodente, si conciliano, cioè, nella natura essenziale dell'eccipiente, e si fondono, sempre per effetto di cozione e filtro, in un amalgama fosforescente dai riflessi arcobaleno.
E qui termina la terza operazione ostensibile, dopo la quale, Maestro e Novizio escono dal laboratorio alchimico, muti come vi sono entrati.
Essi si separano immediatamente con la tacita promessa del Novizio di rivedersi quando il suo IBI avrà messo le penne e gli consentirà di tornarvi col proprio volo, "UNICO MODO DI RIPRESENTARSI PER IL RICONOSCIMENTO RITUALE", con diritto ad assistere al finale dell'Opera per essere consacrato Maestro Ammoneo nel Sinedrio Eterno dell'Ordine Osirideo Egizio.



Tu avrai con questo mezzo tutta la gloria del Mondo, epperciò ogni oscurità andrà lungi da te. E' la forza forte di ogni forza, perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida.

A mano a mano che la complessità della vita sociale si è andata organizzando in convivenza sempre più mercantile, sempre più indispensabile è apparso alla base di molti godimenti umani e di molte imprescindibili necessità il possesso dell'oro.
Cotesto metallo, indice dei più svariati poteri, ha sempre esercitato il suo fascino trascinatore sull'animo umano, anche quando ne bastava pochissimo per emanciparsi da qualsiasi asservimento.
Pertanto, la necessità di possederne è stata sempre avvertita in ragione diretta delle brame che può singolarmente soddisfare, o dei vantaggi che collettivamente può arrecare.
Esso splende tra le mani dei benefattori che ne profondono in opere umanitarie, scorre in rivoli fulgenti dalle casse di istituti consacrati al benessere e al progresso umano, ma occhieggia anche alle radici delle più torve cupidigie, si annida nei meandri dei più voraci appetiti, appare sinistro al fondo dei più sordidi interessi e serpeggia livido tra le più basse passioni.
Innalza od annienta, sostiene od abbatte, nutrisce o corrode, ma sempre lusinga e seduce.
Quando, perciò, gli alchimisti metallurgici annunziarono la possibilità di trasformare il piombo in oro, tesero alle turbe degli avidi e dei concupiscenti il laccio più corrispondente alle loro bramosie.
Ne alimentarono le speranze e le illusioni, costringendoli, così, alla custodia gelosa dei loro testi sibillini, alla loro paziente interpretazione ed alla pratica indefessa dei fornelli e delle fusioni, per cui quegli stessi che ambìvano ai tesori - non esclusi principi e prelati - ne profusero a dovizia tra le più pazzesche esperienze.
Effetti utili e sorprendenti ugualmente sortirono dalle varie combinazioni e trasmutazioni, a cui tanto deve la chimica posteriore, né può definirsi impostura un enunciato basato su possibilità analogiche oggi pienamente confermate dalla teoria dell'unità della materia; ma la intenzione di quei saggi era quella di diffondere e tramandare una scienza superiore ad ogni velleità profana, per cui la pratica e lo studio diretti al vagheggiato possesso della ricchezza non fruttò neppure il becco di un quattrino.
Negli antichi tempi, invece, tra coloro che primeggiavano sui volghi la ricchezza era piuttosto diffusa e, pertanto, non poteva costituire sufficientemente miraggio per scomodarli in ricerche, studi ed esperienza affannose.
Occorreva allora polarizzare l'attenzione verso qualcosa di altrettanto eccitante e desiderabile, ed all'uopo fu sapientemente prescelta la potenza fascinatrice della fama.
Il Trismegisto, difatti, promette agl'interpreti del suo verbo "TUTTA LA GLORIA DEL MONDO".
Ma se delusi furono coloro che tentarono l'alchimia per conseguire ricchezze e tesori, altrettanto può dirsi di quelli che praticano la magia per eccellere nell'opinione del mondo.
I falsi alchimisti, pertanto, perdettero il loro tempo.
I veri alchimisti conseguirono tutti la "GLORIA DEL MONDO" ma per essa, piuttosto che desiderarne, sacrificarono e spregiarono l'oro e la fama, vivendo una vita tristissima, spesso conclusa nella persecuzione, nella miseria, nelle carceri e, talvolta, nel rogo e sul patibolo.
La storia nota ufficialmente e quella conosciuta dai discepoli intimi narra le vicissitudini di cotesti eroi - spesso oscuri ed ignorati - sempre vilipesi e calunniati, talora brillanti per ingegno eccezionale, tal altra stranamente piatti, incolori e stremati, circonfusi di piccole o grandi leggende, mitici o spiccioli per breve tempo luminosi come meteore, per lungo tempo pietosamente sopraffatti da se stessi e dal mondo... da quel mondo che avrebbe dovuto glorificarli!
Mentiva, dunque, il Trismegisto?
No. Mendace e falsa è soltanto l'interpretazione dei deviati, che alle sue parole attribuiscono non il significato che hanno, ma quello relativo alla propria "forma mentis" profana ed impreparata, causa dei più amari disinganni.
Ecco perché le alte iniziazioni sono precedute da "preparazioni" apposite, spoliative di ogni sovrapposizione culturale specifica, per il denudamento del proprio "mono" mentale, puro, unico interprete del retto senso di tutte le cose.
L'ingegnere, difatti, il medico, il matematico, il filosofo imbevuti delle loro teorie, specialmente oggi che la scienza schiamazza i suoi postulati con un apparato suggestivo senza riscontro nei tempi, non possono prescindere dal proprio patrimonio di idee accettate.
Essi, pertanto, in presenza dello strano linguaggio ermetico - qualora si dilettassero senza la dovuta preparazione ad investigarne il senso - non potrebbero sottrarsi ai riferimenti della propria dottrina ed in coordinazione con questa ne tenterebbero le più pasticciate interpretazioni.
Un esempio di interpretazione corrispondente ai sogni più comuni, alle aspettazioni più profane, alle velleità più specificatamente inerenti alla goffaggine umana, che amerebbe asservire l'altissima scienza dell'Assoluto alla miseria delle proprie vanità, è proprio questo della "gloria del mondo".
Ma dopo il tanto che si è detto sul senso vero di questa parola è chiaro, invece, che esso (il mondo) partecipa direttamente alla creazione del "corpo glorioso" (questa e non altra è la sua gloria) creazione eccezionale ed alchimica, veste indistruttibile dell'IO, trionfatrice della morte e disimpegnata dalla catena delle nascite umane, per cui l'Adepto, è figlio di se stesso, erede della propria storia, immortale e redento dalla fermentazione venerea che assoggetta le anime alle imposizioni reincarnative.
Egli è totalmente integrato con l'eterno del proprio essere, aperto alla vita ininterrotta dell'intelligenza, superiore e Signore della razza da cui proviene, della quale ha precorso l'evoluzione finale in una cruda e coraggiosa sintesi delle tappe naturali.
Ecco perché il testo prosegue:
"e ogni oscurità andrà lungi da te".
Non si tratta di brillare quale astro di prima grandezza fra gli applausi della platea umana, non si diventa un luminare insignito di onori e di decorazioni, glorificato da turbe, prosternate a tanto passaggio sulla ribalta terrena.
Tutto ciò in lui è consumato come nelle ceneri il fuoco.
Ma l'oscurità è relativa agli antri, alle caverne, alle matrici, ove si incontrano e si sviluppano i germi delle vite; uteri di fecondazione vomitanti forme periture.
Ed egli non vi può ormai decadere, perché immortale ed eterno.
Tale oscurità andrà lungi da lui. Ma se una missione umana elegge od è chiamato a svolgere nella sfera degl'incarnati, in ben altro modo che non coercito da un accoppiamento animale assolverà il compito suo.
Più sibillino, quanto più grandiosamente allusivo al finale dell'Opera, è il resto della proposizione:
"è la forza forte di ogni forza, perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida".
Codesta "veste gloriosa" difatti è proiettabile, da vivi, fuori del corpo, in una gamma variabile che va da certi "inizi precisi" fino a sua completa condensazione, a seconda del grado di "separando" conseguito.
Ecco perché, giunta al massimo di sua formazione, vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida, vale a dire si affermerà come secondo corpo, indipendente e resurrettivo, tale da imporsi alla obbiettività di qualsiasi controllo, come cosa reale, fisica, tangibile, capace di rendersi evidente (oh, San Tommaso!) e di sparire riassorbita dalla volontà di emissione che ne comanda la esteriorizzazione totale.



E' in questo modo che il mondo fu creato.

Vedi commento alla quinta proposizione.



Da questa sorgente usciranno innumerevoli adattamenti, il cui mezzo si trova qui indicato.

Dalla sorgente di questa Scienza, cioè dalla Fonte Iniziatica - Unica Fonte di scienza "umana" eterna ed assoluta - la catena ininterrotta dei Maestri sperimenterà il Vero degli enunciati sinedriali in applicazioni innumerevoli.
Esse saranno in rapporto col quadro dei tempi, attraverso i quali tramanderanno in riverberi adatti alla evoluzione umana la continuità della Luce, preparandone l'avvento finale per il trionfo radioso dei suoi abbaglianti fulgori.
Gli Ordini costituiti, pertanto, ed i singoli Maestri riusciti, hanno sempre prescelta una finalità "rivelatoria" a cui sono rimasti fedeli "usque ad mortem" qualunque sia stata la sorte collettiva (vedi Templari, Rosa-Croce, ecc.) o personale (consulta le vite) che COME UN SIGILLO, ne ha consacrata la volontà nella storia umana di tutti i tempi.



E' per questo motivo che io venni chiamato Ermete Trismegisto, perché possiedo le tre parti della filosofia del mondo.

E' noto che non esiste alcuna filosofia tripartita. La filosofia anzi è sintetica e riassuntiva, riassorbendo in sé tutta la conoscenza umana per la celebrazione di un Vero Universale, attinto alle risultanze ultime del sapere scientifico, in contrasto col quale non potrebbe sostenere alcunché di valido e di rassicurante.
Peraltro, il pieno possesso di una triplice filosofia, come teoria puramente concettuale e discorsiva, sarebbe ben povera cosa e non chiarirebbe il motivo per cui Ermete fu chiamato Trismegisto.
Tris-meg-isto, difatti, è corruzione di Tris-mag-isto (Tri-magister vuol dire Maestro di terzo grado) il che significa che Ermete esercitava il triplice "mag" dei corpi lunare, mercuriale e solare, cioè della santissima (separatissima) Trinità.
E l'autore, da quello che dice nella sua tavola, depone effettivamente in favore della qualità che si attribuisce. La parola "filosofia" vale - come nel suo senso puramente etimologico - "conoscenza".
Ma per l'iniziato "conoscere" significa "essere".
Pertanto, il Trismegisto "era" cioè possedeva le tre parti dell'essenza del "mondo".
Ed essendo il mondo ciò che ripetutamente si è detto, vuol dire che il Trismegisto era assurto a "trinità separata e gloriosa" individuo assoluto e magnifico Eone della vita umana nell'eterno delle essenze pure.



Ciò che ho detto dell'operazione del Sole è perfetto e completo.

E' l'assicurazione finale, che richiama l'insistenza iniziale, a chiusura del ciclo esplicativo.
L'operazione del Sole, difatti, indicata nella quinta proposizione, racchiudendo intero il problema trasmutatorio, i mezzi ed i risultati, può considerarsi perfetta e completa.



L'aureo Maestro J. M. Kremmerz diceva:

"Positivamente le investigazioni su queste ricerche, su questi studi, su queste idee, che presuppongono una deliberata preparazione in chi si accinge a intraprenderle, non sono di moda...
...L'Ermetismo, la magia cabalistica, la filosofia dell'Occulto e dell'Invisibile?
Troppo tempo, troppa fatica, troppa perdita di tempo!".
Ed ancora:
"Con un senso d'amarezza profonda scrivo due parole d'introduzione alla lettura degli "Elementi di magia naturale e divina" ...Credevo l'umanità molti secoli più innanzi e in venti anni non ho realizzato che assaggi e prove. Niente di concreto... cioè di concreto le molte noie che mi son fabbricate con le mie mani".
Con quale speranza io, suo lontano discepolo, ho collaborato alla diffusione delle stesse idee su codesta Rivista ospitate?
NESSUNA.
Io so che i tempi sono mutati; ma in peggio.
Mi è stato ordinato di parlare ai Circoli esterni ed interni, di coordinarli entrambi con voce più esplicita verso le rispettive finalità e di richiamare all'ordine gli inadempienti.
Ho obbedito.
Non mi resterebbe, se ne avessi qualche speranza, che ripetere col "sempre presente" J. M. Kremmerz:
"Una sola cosa desidero: che gli studiosi di ermetismo magico, italiani, non si separino, non si dividano, non si combattano tra di loro in aride polemiche, ma come FIGLI DELLA GRANDE ARTE si tengano stretti intorno al punto criticissimo della ricerca per la scienza più umana che l'uomo sia mai audacemente pervenuto a possedere".
Ma io non ho questa speranza.

Hahajah


"Giuliano Kremmerz" - L'Uomo

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